Risultati analoghi a quelli di una ricerca su modelli animali della Washington University School of Medicine pubblicata in parallelo su Nature
Uno studio del Laboratorio di Neuropsicofisiologia Sperimentale della Fondazione Santa Lucia IRCCS, realizzato con l’Università di Roma Tor Vergata, l’Istituto Superiore di Sanità e l’Università di Bologna e appena pubblicato su Scientific Report, prova l’associazione dannosa tra proteina Tau e APOE4, un polimorfismo “cattivo” scritto nel DNA.
II ruolo delle proteine APOE e Tau negli studi sull’Alzheimer è noto da oltre vent’anni, ma ancora poco si sapeva del modo in cui queste interagiscono nei pazienti affetti dalla malattia. Su questo aspetto si è concentrato il lavoro dei ricercatori della Fondazione Santa Lucia, che ha portato a concludere che la presenza di APOE4 è un fattore determinante nell’avvio dei processi tossici indotti dalla deposizione della proteina Tau.
“Per arrivare a questo risultato – afferma il Dott. Giacomo Koch, Responsabile del Laboratorio di Neuropsicofisiologia Sperimentale – siamo partiti dalla nostra esperienza in Neurofisiologia con un approccio a diversi livelli. Già in passato avevamo caratterizzato la relazione tra parametri liquorali e alterazioni neurofisiologiche, mostrando l’associazione tra danni della corteccia cerebrale e livelli di proteina Tau. Oggi, ampliando il nostro campione e impiegando una metodica nuova, abbiamo potuto analizzare l’impatto del polimorfismo APOE4 sulle alterazioni della plasticità corticale”.
Il metodo sperimentale adottato è consistito nella combinazione tra l’analisi del liquor cefalorachidiano, prelevato tramite puntura lombare, e l'esame delle colture cellulari. I pazienti, infatti, sono stati inizialmente classificati sulla base della presenza o meno del gene APOE4 e quindi sottoposti ad un prelievo del liquor nel quale sono state misurate le tracce della proteina Tau. In una fase successiva, è stato misurato il livello di efficienza della loro attività cerebrale tramite Stimolazione Magnetica Transcranica. In parallelo, una parte del liquor è stata utilizzata per verificare la diretta tossicità su cellule cerebrali sane in coltura (astrociti).
“Abbiamo così osservato che solo nel gruppo APOE4 i pazienti con livelli più alti di proteina Tau hanno una maggiore compromissione dell’attività cerebrale ed una più rapida progressione della malattia - spiega il Dr. Koch – mentre gli APOE3 mostrano un decorso svincolato dalla proteina Tau. Allo stesso modo, il liquor aveva un effetto dannoso sulle colture di cellule cerebrali sane solamente quando era raccolto dai quando pazienti portatori del gene APOE4 con valori elevati di proteina Tau”.
Partendo quindi dal dato sulla correlazione lineare tra più alti livelli di proteina Tau nel liquor dei pazienti e maggiore danno neurofisiologico, entrambi gli esperimenti hanno condotto allo stesso risultato: la proteina Tau era associata con un danno maggiore solo nel gruppo di pazienti portatori del gene APOE4.
Le implicazioni di questa scoperta sono cruciali: da un lato lo studio individua nella relazione tra proteina tau ed APOE un nuovo potenziale target terapeutico, in analogia con quanto da poco provato da un’importante ricerca USA su modelli animali, e dall’altro apre scenari completamente nuovi sui farmaci mirati a bloccare la tossicità della proteina Tau, considerati la più promettente frontiera per la cura della Malattia di Alzheimer. Secondo quanto portato alla luce da questo studio, infatti, questi potrebbero mostrare maggiore efficacia nei pazienti con polimorfismo APOE4, che rappresentano oltre il 50% degli affetti dalla patologia.
Proseguendo nello studio del meccanismo di sviluppo della malattia indipendente dalla proteina TAU negli APOE3, invece, si potranno ottenere informazioni ancora più specifiche sulle diverse “tipologie” di Alzheimer esistenti.