Premio Merck Neurologia 2018 a Donatella Mattia

Finanzierà la realizzazione di una piattaforma integrata di assistive technology e interfacce cervello-computer per persone con sclerosi multipla

La dott.ssa Donatella Mattia, Neurologa e Responsabile del Laboratorio di Immagini Neuroelettriche e BCIè una dei due vincitori del Premio Merck in Neurologia 2018, assegnato ieri a Milano nella cornice di Palazzo Bovara. Giunto alla sua terza edizione, il Premio era dedicato quest’anno al tema “Digital Technology per migliorare la qualità di vita della persona con Sclerosi Multipla in ambito lavorativo o relazionale”. Il progetto presentato dall’équipe della dott.ssa Mattia punta in particolare a realizzare un sistema integrato di comunicazione e interazione con l’ambiente per persone affette da sclerosi multipla progressiva. “L’obiettivo che ci siamo dati – ci spiega Donatella Mattia–è integrare diverse soluzioni di assistive technology in un unica piattaforma che si serva di tecnologie innovative come le interfacce cervello-computer unite a strumenti come puntatori oculari ed head tracker. Sarà come sempre un lavoro di équipe. Questo premio non va a me, ma a tutta la squadra”.

Da dove nasce la necessità d’integrazione?

Un problema specifico delle persone affette da sclerosi multipla è l’eccessivo affaticamento muscolare e molte soluzioni di assistive technologypresuppongono l’uso di muscoli e nervi. Pensiamo per esempio al movimento della mano o degli occhi richiesto dall’azione di scrivere a computer mediante un mouse adattato o un eye-tracker. La piattaforma che vogliamo realizzare, deve permettere di svolgere queste azioni anche mediante interfacce cervello-computer.

…interfacce che non richiedono l’utilizzo dei muscoli.

Esattamente. Le interfacce cervello-computer, dette anche BCI dall’acronimo inglese “brain-computer-interface”, permettono alla persona di comunicare e interagire con l’ambiente attraverso un canale diretto tra cervello e ausilio. Svincolano quindi queste attività dall’impiego di nervi e muscoli.

Come funziona questo canale diretto?

Mediante elettrodi posizionati sulla testa, quindi assolutamente non invasivi, l’interfaccia cervello-computer preleva il segnale elettroencefalografico che corrisponde a una specifica intenzione di azione da parte del soggetto. Una volta registrato, il segnale viene abbinato al corrispondente comando d’azione per il computer o altra strumentazione a cui l’interfaccia è collegata. Per restare all’esempio fatto in precedenza dello scrivere al computer, le lettere dell’alfabeto che appaiono sul monitor possono a questo punto essere selezionate dalla persona non solo mediante movimento della mano con un mouse adattato, bensì anche grazie all’intenzione ‘espressa’ o ‘immaginata’ dal soggetto. Per semplicità dico qui ‘immaginata’. In realtà si tratta di un’attività neurale al quale corrisponde uno specifico segnale elettroencefalografico. L’interfaccia cervello-computer registra questo segnale mediante algoritmi complessi e dà al computer il comando di riprodurre la lettera dell’alfabeto corrispondente alle intenzioni della persona.

Quale sarà la difficoltà maggiore da superare nello sviluppo della piattaforma?

Difficile dirlo in anticipo, ma prevedo che la sfida maggiore riguarderà la creazione di algoritmi capaci in modo stabile e accurato di riconoscere allo stesso tempo il segnale muscolare e quello cerebrale del soggetto che utilizza la piattaforma.

Quali saranno invece i vantaggi di una piattaforma integrata rispetto alle soluzioni attualmente disponibili separatamente?

Una piattaforma che integra interfacce cervello-computer con ausilii che implicano l’utilizzo della mobilità residuale del soggetto, soddisfa innanzi tutto un principio generale della riabilitazione, che è quello di potenziare tutte le abilità residue della persona. In più, come già accennavamo prima, la tecnologia BCI ha il vantaggio esclusivo di creare un canale diretto di comunicazione tra il cervello e l’ausilio per la comunicazione. Permette quindi di aumentare le modalità di accesso all’ausilio stesso, compensando ad esempio l’esauribilità muscolare tipica della sclerosi multipla.