Nel mese dedicato all'Ictus, fotografia della patologia e dei migliori comportamenti da adottare per la prevenzione
L’ictus cerebrale colpisce ogni anno 16 milioni di persone nel mondo e 200mila solo in Italia, dove quasi un milione di persone sopravvive e convive con esiti invalidanti spesso gravi che impattano pesantemente sulle famiglie.
Aprile è il mese dedicato alla prevenzione di questa patologia, per la quale è ormai noto che l’adozione di stili di vita e comportamenti corretti, come alimentazione equilibrata e iposodica e controllo del peso, attività fisica regolare, astensione dal fumo e dal consumo eccessivo di alcol, risulta fondamentale.
“Avvertire senso di pesantezza ad un arto o ad un lato del corpo, riscontrare disturbi di coscienza o improvvisa difficoltà a parlare: sono segnali rilevanti che richiedono l’intervento immediato – e devono spingerci a chiamare tempestivamente il 118”, spiega il Dottor Stefano Paolucci, Neurologo e Direttore dell’Unità Operativa Neuroriabilitazione 6 della Fondazione Santa Lucia IRCCS, intervenuto sul tema anche nell'ambito all'ultimo Congresso della Società Italiana di Riabilitazione Neurologica - SIRN.
L’ictus è infatti un’emergenza: nella fase di primo intervento bisogna verificare, mediante TAC, se si è in presenza di un ictus ischemico o emorragico e stabilire il trattamento più adeguato, chirurgico o farmacologico.
Ma cosa accade in chi viene colpito da ictus o stroke, secondo la definizione anglosassone? Si tratta di un evento improvviso che genera un danno cerebrale, causato dall’assenza del giusto apporto di sangue al cervello, che provoca il danno e/o la morte delle cellule nervose per assenza di ossigeno e sostanze nutrienti. Le cause di questo mancato apporto di sangue possono essere di due tipi e ad esse corrispondono due tipologie di ictus: ischemico, dovuto cioè alla chiusura di un’arteria cerebrale. Questa tipologia rappresenta l’85 percento di tutti i casi di ictus; emorragico, dovuto invece alla rottura di un’arteria cerebrale. Si parla in questo caso di emorragia cerebrale e rappresenta il 15 percento dei casi.
Superata la fase acuta, subentra il percorso riabilitativo: solo il 25 percento dei pazienti sopravvissuti, infatti, guarisce completamente, mentre nel restante 75 percento rimangono forme di disabilità anche gravi. Non solo paralisi e perdita di sensibilità da un lato o dall’altro del corpo, ma anche disturbi cognitivi che riguardano comprensione e uso del linguaggio, ridotta capacità di esplorare il campo visivo, ossia il cosiddetto “neglect”, difficoltà di attenzione, memoria e ridotta capacità di organizzare e svolgere azioni. A questi possono aggiungersi altri deficit funzionali come disartria, incontinenza urinaria e mancato controllo sfinterico, disfagia, demenza, disturbi emotivi e depressione. Tutti aspetti che richiedono interventi di neuroriabilitazione complessi e tempestivi, indispensabili a mettere in campo percorsi realmente utili a restituire alla persona una vita autonoma.
“Per questa ragione – chiarisce il Dottor Paolucci - i percorsi di riabilitazione devono essere pensati e strutturati in base alle specifiche problematiche che il paziente presenta. Trattare oltre gli aspetti motori, la deglutizione, i disturbi attentivi, cognitivi, spaziali e del linguaggio, i problemi vescicali e sfinterici, i disturbi dell’umore e di tutte le compromissioni dell’autonomia della persona, richiede un approccio globale, team multidisciplinari e tecnologie evolute”.
La neuroriabilitazione di cui ha bisogno il paziente sopravvissuto a un ictus grave necessita infatti del contributo di diverse figure professionali, tra le quali neurologi, fisiatri, logopedisti, fisioterapisti, di spazi di riabilitazione adeguati e di tecnologie di robotica e realtà virtuale che stanno mostrando sempre maggiore efficacia.
Eppure la situazione italiana, a fronte dei 200mila casi registrati annualmente, appare ancora carente. La Società Italiana di Riabilitazione Neurologica (SIRN) calcola che "ogni anno in Italia circa 42.300 pazienti presentano alla dimissione dal reparto acuti esiti gravissimi di ictus per i quali è necessario un tempestivo ricovero in strutture di alta specialità adeguatamente attrezzate per la neuroriabilitazione".
Di contro, il Servizio Sanitario Nazionale attualmente a soli 1.200 posti letto il fabbisogno di neuroriabilitazione di alta specialità in tutto il Paese, discrimando peraltro l’accesso a questa tipologia di cure attraverso alcune condizioni di inclusione. Tra queste, per esempio, il fatto che esclusivamente nel caso in cui un paziente che abbia attraversato uno stato di coma per almeno 24 ore il Servizio Sanitario Nazionale riconosce la possibilità di accedere a percorsi di neuroriabilitazione di alta specialità.
L’indagine condotta da A.L.I.Ce. Italia Onlus e Censis nel 2011 evidenziava che su un campione nazionale di oltre 500 pazienti colpiti da ictus medio-grave, il 25 percento non riceve alcun trattamento riabilitativo e il 50 percento è sottoposto unicamente a un percorso di riabilitazione domiciliare. Di questi ultimi, la metà ne sostiene le spese.
Un quadro generale dal quale si evince facilmente la gravità dei costi sociali determinati dal mancato accesso a cure adeguate.
A questo si aggiunge la necessità di stimolare adeguate campagne per la promozione di comportamenti che favoriscono la prevenzione, anche in considerazione del fatto che dei citati 200.000 casi di ictus che si verificano ogni anno nel nostro Paese, circa 10.000 riguardano soggetti con età inferiore ai 54 anni, con le conseguenze economico-sociali che ne derivano.“Riparare un cervello non è semplice e implica un percorso riabilitativo complesso e spesso lungo. La migliore strategia contro l’ictus è di contenere al massimo i fattori di rischio. A maggior ragione considerando il progressivo incremento dei pazienti colpiti anche precocemente”, conclude Stefano Paolucci.