Rinascere a 53 anni

Come ho vinto contro la sindrome di Guillain-Barrè. “Un giorno improvvisamente mi sono ritrovata bloccata nel mio corpo e non potevo nemmeno piangere. Poi ai primi progressi la speranza è rinata”

"È iniziato tutto il 4 giugno dello scorso anno, in quella che oggi chiamo 'l’altra vita'"Comincia così il racconto di Maria Grazia, paziente dell’Unità Operativa di Neuroriabilitazione 5 della Fondazione Santa Lucia IRCCS, che oggi condivide con noi la sua storia. Con energia e presenza di spirito impressionanti.

In poche ore mi sono ritrovata completamente paralizzata” – spiega Maria Grazia. Guardandola oggi, si fa fatica a crederlo. Ma è andata proprio così. Di sabato sera, dopo una giornata trascorsa normalmente a fare piccoli lavori in campagna, Maria Grazia avverte solo un po’ di brividi andando a letto. Non si preoccupa, anche quando la mattina dopo si aggiunge il formicolio alle gambe e alle mani. Lo attribuisce alla sensibilità della cervicale all’aria condizionata. Trascorre la sua giornata normalmente. Il giorno successivo va al lavoro regolarmente e affronta gli impegni con la dedizione e la concentrazione di sempre. Ma sente le gambe e il viso un po’ addormentati, ha qualche difficoltà a salire le scale. Qualcuno lo nota e le suggerisce di fare velocemente un controllo.

È controvoglia che poco dopo raggiunge il pronto soccorso di Civitavecchia, dove i medici decidono di trattenerla. È martedì quando fa la prima visita neurologica. Cammina ancora. Ma da lì a poche ore non riuscirà più a muoversi né a parlare. Gambe, braccia e viso non rispondono più. Maria Grazia è cosciente ma paralizzata. Dopo la risonanza magnetica, viene trasferita a Roma presso l’unità operativa di Neurologia del Policlinico Gemelli.

Il 7 giugno arriva la diagnosi, accertata con il prelievo spinale. Maria Grazia ha la Sindrome di Guillain-Barrè, una forma di neuropatia acquisita che provoca una paralisi progressiva dei muscoli e che può condurre fino alla totale insufficienza respiratoria e a complicanze potenzialmente letali, senza alterazioni dello stato di coscienza. Le cause non sono identificate con assoluta certezza, ma l’origine è stata individuata in un'alterata risposta immunitaria presumibilmente scatenata da un un’infezione in individui con una predisposizione genetica alle patologie autoimmuni. Su queste patologie del sistema nervoso si concentra anche l’attività di ricerca biomeica della Fondazione Santa Lucia IRCCS. La Guillain-Barré può colpire chiunque, indipendentemente da età, stato di salute o stile di vita. E stravolgere la vita in pochissimo tempo.

Così e stato per me. In pochi giorni sono passata dalla totale autonomia a trovarmi alimentata con il sondino naso-gastrico e incapace di comunicare con chi mi stava intorno. Mi è crollato il mondo addosso” – racconta. Sentivo tutto, capivo tutto, ma per via della malattia non riuscivo neanche a piangere. Intorno a me, la mia famiglia e i miei amici erano increduli e spaventati quanto me da quello che mi stava accadendo.

Dopo la diagnosi, Maria Grazia riceve i trattamenti farmacologici indicati per la patologia. Gli specialisti la rassicurano, ma temevo il peggio” – ci confessa. Mi dicevano che avrei ripreso a camminare, ma intanto io mi trovavo in una condizione d’immobilità assoluta, dipendente in tutte le mie funzioni fisiologiche e impossibilitata a chiedere aiuto quando ne avevo bisogno. In quei momenti ho pensato a quanto fosse indispensabile la capacità di comunicare per vivere.

È il primo giorno d’estate quando Maria Grazia, ancora senza poter parlare né muoversi, viene informata che sarà trasferita in una struttura di alta specialità per la neuroriabilitazione. Conoscevo la Fondazione Santa Lucia per l’esperienza di persone a me vicine. Sapevo che era il miglior posto dove potersi trovare in questa condizione. Il 22 giugno ho visto per la prima volta il nuovo ospedale e ho preso posto nella mia stanza».

Al momento del ricovero, l’incontro con medici e terapisti che mi hanno spiegato quale sarebbe stato il mio percorso, mostrando di conoscere la mia storia in ogni dettaglio e trasmettendomi da subito una speranza di miglioramento” – racconta.

Ma non è una strada senza imprevisti. Poco dopo l’ingresso in Fondazione, infatti, Maria Grazia sviluppa una cistite emorragica. In collaborazione con l’unità interna di Urologia, l’equipe di Neuroriabilitazione 5 riesce a curarla rapidamente, evitando così il trasferimento in una struttura ospedaliera per acuzie, che avrebbe necessariamente ritardato i suoi tempi di recupero. Lo stesso succede con un trombo causato dal PICC, un accesso venoso usato per le infusioni farmacologiche e trattato senza muoversi dalla Fondazione.

La terapia quindi inizia e prosegue secondo il progetto riabilitativo messo a punto per Maria Grazia. Qui è cominciata la mia seconda vita, quando come un bambino ho dovuto imparare quasi da zero a camminare, parlare, controllare le mie funzioni fisiologiche. Maria Grazia ricorda meticolosamente ogni tappa di questo percorso: Il 10 luglio, per la prima volta, i terapisti sono riusciti a mettermi in carrozzina. In quella data avevo già recuperato parzialmente, con le terapie, la mobilità della faccia e la possibilità di parlare. Riuscivo a bere e ricordo che riuscii a mimare un bacio ai medici” – sorride.

Insieme alla riabilitazione motoria, subito dopo il ricovero, Maria Grazia ha infatti iniziato i trattamenti per curare la disfagia e riprendere a esprimersi e comunicare al meglio possibile. Oltre alle sedute terapeutiche in ambulatorio, la logopedista mi ha assegnato esercizi da fare in stanza per l’articolazione delle parole e la pronuncia, che faccio tuttora.

Le giornate trascorrono dense di progressi, Maria Grazia li annota tutti: Il 3 agosto potevo camminare con il deambulatore. Il 18 dello stesso mese, grazie alla riabilitazione foniatrica, la mia deglutizione era così migliorata che finalmente potevo mangiare tutto e non più solo liquidi.  Oggi è tornata alla sua vita di sempre. A cinquantatré anni sento di essere nata di nuovo. All’inizio lo sconforto mi ha sopraffatta, credevo che non sarei mai più potuta tornare a una vita normale. Ma dai primi progressi la speranza si è riaccesa e ho continuato il mio cammino scoprendo ogni giorno di più l’importanza di tre parole: tempo, pazienza e tenacia. Ma non mi sarebbe bastato – aggiunge Maria Grazia – se non fossi stata accompagnata in questo percorso dalla professionalità e dall’umanità di chi si è preso cura di me. Medici, terapisti, infermieri. A loro posso solo dire un grazie di cuore, per l’attenzione costante che mi hanno dimostrato in ogni momento della degenza. Non solo durante le visite o le terapie. Ho imparato che la riabilitazione è qualcosa che dura tutto il giorno.